giovedì 8 luglio 2010

Il ricordo di un amico.


C'è un detto popolare che recita "chi trova un amico trova un tesoro" ed è fuor di dubbio che quando lo perdi inevitabilmente ti ritrovi povero.

Questa è la sensazione che ho provato 10 giorni fa allorchè appresi incredulo la scomparsa di Osvaldo. Scherzavo,ovviamente, quando nel mio ultimo articolo parlavo del fatto che avrebbe lasciato la squadra per approdare verso altri lidi, il tutto legato ad un trasferimento di lavoro a Milano. Questo era il suo cruccio, lasciare questi ragazzi, i suoi ragazzi, era motivo di immensa tristezza. Veramente per noi lui era il nostro e rimarrà sempre "lo special one".

Ci sono momenti vissuti al suo fianco che evidenziavano la grandezza del personaggio e che voglio brevemente ricordare.

"L'aNdrenalina" Così la chiamava, era quella sensazione di scaricamento di nervi dopo una partita vittoriosa e visto che tutte le partite da noi vinte erano tirate l'accumulo della "aNdrenalina" era notevole e lui a fine partita godendosi il trionfo la scaricava con l'immancabile sigaretta, dando il merito tutto ai ragazzi, mentre si addossava le colpe per le sconfitte.

LA SEVERITA': cosa dire della presunta severità. C'era una sua frase storica che cito alla lettera: "chi arriva in ritardo all'allenamento torna a casa e non si allena". Ho visto fra tutti e 20 i ragazzi frequenti ritardi ma mai nessuno e sottolineo nessuno tornare a casa, il suo sguardo severamente bonario assolveva e giustificava tutti.

IL TIME OUT: ricordava sovente l'aneddoto di un allenatore che accusandolo di poca sportività aveva rifiutato di stringergli la mano a fine partita. Di quale colpa si era macchiato il buon Osvaldo? : vedendo la sua squadra si in vantaggio, ma in difficoltà sul disperato tentativo di ricupero della squadra avversaria, aveva fatto la cosa più ovvia, chiamare un time out, la cosa più logica e naturale ma mister X (tralascio il nome) non aveva gradito. Ogni commento è superfluo.

Sempre in tema di time out, Osvaldo non ebbe dubbi nel chiamare le sospensioni di gioco a sua disposizione per fare rifiatare la squadra avversaria ridotta a pochi elementi e per giunta anziani. Perchè aveva soprattutto rispetto, come giusto che sia, anche degli avversari.

Piccole sfaccettature che mettono in mostra la sua signorilità.

Le ultime vittorie sono stati dei suoi piccoli capolavori, uno specie di testamento, ma anche di responsabilità da affidare al suo successore.

Aveva preso questo manipolo di ex giocatori e ragazzi da campetto e li aveva plasmati per anni... nelle ultime partite aveva colto il frutto del suo umile lavoro: da un' armata Brancaleone era nata una squadra.

Chi rileggerà le cronache delle partite non potrà non notare un crescendo di forma e di risultati, ovviamente ci sono anche delle controprestazioni fisiologiche in uno sport di squadra, che testimoniavano della dedizione e del suo lavoro nei confronti dei ragazzi.

Molto toccante il loro gesto che al funerale in tenuta da partita hanno voluto salutare il loro coach.

Che dire altro? le parole non mi vengono e quei piccoli episodi di generosità e di altruismo vissuti al suo fianco sono ricordi che serbo nel cuore come ognuno dei ragazzi ha il loro ricordo personale, ma una cosa ci accomuna e ci inorgoglisce e sta nel fatto che abbiamo conosciuto un grande uomo che mai dimenticheremo.


Giovanni Fuligno

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